PASSO SAN PELLEGRINO ASPETTA I TRICOLORI DI ORIENTEERING. 700 AL VIA
CONTRIBUTI E OPPORTUNITA' PER LA STAGIONE 2024/2025
TOC2024: SONO GIA' 500 GLI ISCRITTI. UN'OCCASIONE LAST MINUTE
MTB-O: LA STAFFETTA CI VEDE AL 7° E 8° POSTO
L'ASSEMBLEA STRAORDINARIA NON VOTA PER LA FUSIONE
IRIS PECORARI CALA IL TRIS MONDIALE. BETTEGA E' 5°. ROSSETTO 12°
I CONVOCATI PER L'ULTIMO ROUND DI COPPA DEL MONDO
TRAIL-O: LAMBERTINI E FRASCAROLI IN EVIDENZA NELLE PREMONDIALI
I MILLE VOLTI DI UN TECNICO
Essere allenatori della nazionale giovanile di Corsa di orientamento. Un lavoro stimolante, difficile, emozionante: stare insieme ai ragazzi, capirne le difficoltà, risolvere con loro i problemi, apprezzarne la crescita, superare i momenti negativi. Gli atleti hanno caratteristiche diverse e ognuno ha le proprie esigenze: c’è chi necessita di un incoraggiamento e chi invece ha bisogno di essere ripreso o tenuto sulla corda.
Chi deve migliorare la tecnica e chi invece deve entrare nell’ottica che, se vuole fare risultato, è fondamentale faticare di più, curando l’aspetto fisico e non basta saperle trovare. C’è chi parlerebbe due ore di fila e chi invece solo sotto tortura. A tratti bisogna essere “fermi e distaccati”, in altri momenti bisogna dimostrarsi amici. E’ sempre importante saper ascoltare, fondamentale saper consigliare e trovare assieme la miglior soluzione possibile.
L’allenatore della nazionale non è solo un tecnico capace di aiutare nella pianificazione della stagione e degli allenamenti, non è solo colui che riesce a tracciare e posare un allenamento di Orienteering. È anche un informatico che sa gestire una sessione di training e inventarsi nuovi esercizi. Uno psicologo per capire i problemi e parlare ai ragazzi, un consulente che può consigliare società, allenatori personali e genitori. Un intermediario che deve fare da tramite tra il mondo politico federale e quello agonistico degli atleti, un ragioniere che, alla bisogna, deve far quadrare i bilanci di settore, oppure un tour operator in grado di organizzare una trasferta in tutte le sue complessità.
E infine un allenatore è pure un selezionatore, probabilmente tra tutti il compito più difficile e meno divertente. Non è sempre facile e scontato scegliere quale ragazzo convocare, anzi, tolti quelli che si guadagnano matematicamente il posto, con piazzamenti e cronometro, per gli altri non lo è quasi mai. Si valuta l’impegno durante tutto il corso dell’annata, gli obiettivi personali, le caratteristiche dei ragazzi rapportate a quelle dei terreni di gara, le possibilità di fare risultato, la crescita e tanto altro.
Arrivi in fondo a questo processo decisionale con un elenco di nomi che è stato pensato, ragionato e valutato. Sai che quella lista farà contento qualcuno e scontenti altri. Fa parte del gioco e bisogna sapersi prendere le responsabilità delle proprie scelte: fondamentale è avere sempre una valida motivazione e spiegarla direttamente ai ragazzi. Per questo a me piace (se possibile) diramare la lista dei convocati direttamente alla presenza degli atleti.
È quindi un lavoro di grossa responsabilità, dove conta molto lo studio, ma forse ancora di più l’esperienza sul campo vissuta prima da atleta: l’aver provato certe emozioni (felicità per una convocazione, delusione e amarezza per essere rimasto a casa…), vissuto dal vivo determinate situazioni (errori in gara, lanci di staffette, partenze tra il pubblico e relative pressioni), l’aver provato l’euforia, ma anche “il peso” della maglia azzurra, sono a mio avviso aspetti fondamentali per seguire al meglio i nostri giovani che si affacciano per le prime volte nei palcoscenici internazionali.
Vedere l’entusiasmo e la determinazione che ci mettono sono il motivo che mi spinge ad impegnarmi sempre più al loro fianco. I loro successi saranno anche i miei, così come i fallimenti dipenderanno anche da un lavoro non corretto e sviluppato assieme.
Da Azimut Magazine
a cura di Emiliano Corona