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16/03/2018

MAMLEEV: PRONTI AL CAMBIO DI PASSO

MAMLEEV: PRONTI AL CAMBIO DI PASSO

 

A cura di Pietro Illarietti

 

MELTINA (BZ): Fino a ieri lo abbiamo visto lottare su ogni traguardo con la maglia azzurra o del TOL. Da pochissimi giorni il suo ruolo non sarà più quello di andare a caccia di vittorie, ma piuttosto quello di favorire i successi degli azzurri e la crescita dei giovani più promettenti.

Mikhail Mamleev da Pesochnoe (San Pietroburgo), classe 1975, una carriera da professionista alle spalle con la maglia della Russia, prima, e dell’Italia, poi. Ora intraprende un nuovo percorso svelando in anteprima i suoi progetti e le sue ambizioni da coach. Un incontro aperto, in cui il CT che parla con l’esperienza del campione e l’entusiasmo del neofita.

 

L’incarico da Commissario Tecnico è sicuramente prestigioso. Quali sono le emozioni provate a caldo dopo la nomina?

 

Mi sento orgoglioso per questa nomina. Sono riuscito a trovare un accordo anche con l’azienda con cui lavoro e concordare dei periodi in cui trovare il tempo per la dedicarmi alla Squadra Nazionale. Non parlo di giorni liberi extra. Mi sono comunque venuti incontro concedendomi le ore necessarie quando serviranno. Ora partiamo in questo modo, poi in futuro spero di avere ancora più spazio per la Squadra Nazionale, ma questi sono dettagli per cui dovrà lavorare anche la FISO.

 

Se lo sarebbe mai immaginato di diventare CT?

 

Perché no? Anche quando ero in Russia avevo delle responsabilità  con il ruolo di capo squadra. Certo si trattava di una rappresentativa piccola ma durante le trasferte di Coppa del Mondo e altri impegni internazionali prendevo in carico questo compito. Parliamo di 15 anni fa. Ora il progetto è più complesso però mi piace.  La responsabilità non mi pesa. Da tempo cullavo l’idea di poter iniziare questo tipo di carriera.

 

Cosa vorrebbe portare all’Orienteering italiano?

 

Sicuramente proverò ad adottare un sistema di lavoro diverso da quello russo dove ognuno era per sé. Piuttosto vorrei favorire l’interscambio e lo spirito di squadra. Portare più professionalità. Per questo ho in mente con chiarezza il progetto che punta a cambiare la mentalità: puntare sulla forma fisica e sull’innalzamento del livello medio. Sono convinto che tutti possano lavorare o studiare con profitto senza trascurare gli allenamenti.

 

Gli italiani puntano troppo sulla tecnica?

La tecnica può essere curata in un secondo momento. Ora dobbiamo pensare ad essere pronti fisicamente. Se sei veloce nella corsa puoi recuperare il tempo perso per eventuali errori, per questa ragione dobbiamo andare nella direzione che ho spiegato. Ora vorrei parlare con i ragazzi, presentarmi e portare la mia esperienza di livello internazionale per supportarli.

 

 

Cosa deve fare il movimento italiano per migliorare? Rendere le gare più dure oppure avere più confronto internazionale?

 

Non credo che disegnando percorsi più duri per le prove nazionali si possa fare il cambio di passo auspicato, così come non cambierei il calendario italiano. Non abbiamo ancora atleti di altissimo livello, come Riccardo Scalet che è un fuoriclasse. Dobbiamo far crescere anche gli altri. Come? Mi orienterei su diversi punti, ad esempio, su trasferte nella vicina Svizzera dove il livello è molto alto e così potremo capire come intervenire per colmare il gap, oppure suggerirei ai giovani di tesserarsi anche per un club scandinavo.

 

A proposito di Riccardo Scalet, crede che ci siano troppe pressioni su di lui?

 

No, non credo. In Italia ottiene le cose con facilità e se non vince per nessuno è un problema. Questo perché c’è la tendenza ad accontentarsi. Dobbiamo invece imparare dai nostri errori prendendo sul serio ogni gara. Mi piacerebbe vedere i nostri atleti dare il massimo partendo già dall’inverno con la partecipazione ad alcune prove di cross oppure su strada. Un requisito che reputo indispensabile per chi punta ad entrare nella Rappresentativa Nazionale.

 

Quali saranno i tempi per vedere i primi risultati del nuovo corso?

 

Tra 2 - 3 anni potremo puntare al risultato con alcuni atleti. Da coach mi spiace che Carlotta Scalet (è sposata in Austria ndr) sia all’estero, ma lo dico solo in funzione delle attività del team, si può lavorare bene anche a distanza. Riccardo Scalet invece ha già ottenuto un 14° posto in coppa del mondo. Si tratta di un risultato vero. Attorno a lui possiamo crescere con i giovani che ad oggi non hanno ancora esperienza. Però sono aperti e pronti per allenarsi in modo qualitativo.

 

 

Cosa potrà portare della propria esperienza da atleta di alto livello?

 

Sono ancora in forma e vorrei allenarmi con loro. Entrare nel bosco assieme e trasmettere tutto quello che io ho fatto quando ero al top del mondo. Se riesco a portare questa mentalità e quello spirito di sacrificio allora avrò ottenuto un primo risultato. Voglio dare ai miei atleti la parte migliore di me, o almeno fare di tutto per riuscirci.

 

Ha qualche idea particolare in mente?

 

Prima di tutto lasciamo che si concluda ufficialmente il percorso del mio predecessore, Daniele Pagliari, che ringrazio per quanto ha saputo fare, così come sono grato a Jaroslav Kacmarcik per l’impostazione data in precedenza. Rispetto a lui io avrò la possibilità di essere più vicino agli atleti. Sarà molto importante il raduno di gennaio con il test Conconi per valutare la forma fisica. Applicheremo metodologie specifiche per aiutare i ragazzi per capire l’importanza della velocità in corsa, ad essere più coordinativi con lo stretching. Piccoli dettagli da incorporare con gli allenamenti quotidiani quando sono da soli. L’ideale sarebbe quello di poter proporre training camp come quelli russi per il running con grossi volumi: 200 km a settimana con anche blocchi di qualità. Poco orienteering e tanto fondo. Andrebbero bene anche piccoli gruppi di 5-6 atleti per i camp. Una base utile per tenere la forma  tutto l’anno.

A febbraio vorrei presentarmi con la mia idea. Ho già dei punti di riferimento anche come impianti. Qui in Alto Adige ad esempio abbiamo alcune cartine interessanti che possiamo usare sempre e la pista di atletica.

 

Qualcuno potrebbe accusarla di adottare metodi antiquati di quando era atleta.

Non credo perché 15anni fa come 5 anni fa ho dimostrato di essere competitivo pur non essendo più un professionista. Sicuramente con l’andar del tempo ho perso qualcosa in termini assoluti ma con la base che ho costruito negli anni sono riuscito a competere alla pari degli altri anche lavorando. La tattica di allenamento e la programmazione era quindi corretta.

 

 

I più giovani non la conoscono per tutto quello che ha ottenuto in carriera. Ci potrebbe svelare qual è stata la soddisfazione più bella?

 

Credo il successo ai Campionati Europei Middle del 2002 in Ungheria. Mi sentivo bene. Fui 6° in qualificazione ma in finale ero fortissimo. Su un terreno semplice e veloce feci qualcosa di grande.

 

Sempre in Ungheria arrivò anche uno storico bronzo con la maglia dell’Italia..

 

Certo, anche nel 2009 fu una grande gioia.  Quel risultato però non lo sento al 100% mio perché ho corso anche con Hubmann. Un bronzo è comunque un grande risultato.

 

 

E’ vero che vorrà dare il suo contributo anche nel campo della comunicazione?

 

Personalmente non sono tanto comunicativo però voglio migliorare anche in quel campo. Mi ispiro a quello che ho visto fare dai team di Svizzera e Repubblica Ceca dove vengono pubblicate le cartine di gara ed i commenti degli errori.

 

 

SCHEDA

 

Mikhail Mamleev

1975, Pesochnoe (RUS), vicino San Pietroburgo

Cittadinanza: RUS, ITA

Lavoro: Sportler Spa, Bolzano

 

LA PASSIONE COME è NATA?

 

Non è stata una cosa meditata. A 10 anni ho iniziato con gli amici. Nel doposcuola cercavamo delle sezioni sportive all’interno dei vari club. Il primo anno facevamo di tutto, dal calcio al volley. Pian piano mi sono appassionato all’Orienteering e sentivo di essere portato. I miei genitori non erano degli sportivi ma hanno accettato questa mia passione. Verso 16 anni ho capito, anche grazie ai coach Andrey Pruss e Konstantin Volkov che erano tecnici russi della Rappresentativa Junior ed in seguito pure Senior, che ci avessi dato dentro avrei potuto accedere alle qualificazioni per gli impegni internazionali e girare il mondo. Avevo una chance per emergere.

 

I tecnici sono riusciti a plasmare i loro atleti inculcando una mentalità vincente. Abbiamo vinto la Staffetta ai JWOC del 1994 in Polonia (nel terzetto c’erano Valentin Novikov e Ivan Murashov). Il primo oro in gare internazionale per la Russia.

 

In seguito sono entrato nella squadra militare russa ed ero finalmente un professionista (lo è stato per 7 anni Ndr). Eravamo pagati facevamo dei training camp specifici. A 21 anni sentivo di essere arrivato al top mentre dai 25 ai 27 ho raggiunto il massimo come atleta con un 2° posto nella generale della Coppa del Mondo e per alcuni mesi primo nel ranking WRE e poi l’oro Europeo.

 

Un episodio importante risale al 2000 quando incontra in Finlandia per la Coppa del Mondo, Sabine Rottensteiner, che diverrà sua moglie. Dal 2006 entra nella Nazionale Italiana.

 

 

Pamares Corsa orientamento:

 

  • Campione del Europa 2002 (HUN)
  • Coppa del Mondo 2002 - 2 posto
  • Bronzo ai Mondiale 2009 (HUN)

 

 Corsa in montagna, skyrunning:

 

  • Argento Mondiale di Skyrunning 2011

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